mercoledì 15 agosto 2012

La stevia: un'alternativa allo zucchero? La proposta di Nastevia, l'Associazione Nazionale Italiana Stevia


Cosa è la stevia?

piantagione di stevia rebaudiana



La Stevia Rebaudiana è una pianta erbacea arbustiva perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae (Compositae), che cresce in piccoli cespugli su terreni sabbiosi ed in montagna. E’ originaria di una zona a cavallo del confine tra il Paraguay ed il Brasile ed in piena maturazione raggiunge gli 80 cm di altezza. Ha foglie verdi di forma oblunga con il bordo leggermente seghettato e fiori molto piccoli di colore bianco.
Questa pianta è conosciuta già da diversi millenni dai popoli Indiani Guaranti dell’area geografica del Sud-Americana (regione amazzonica), molto tempo prima che gli invasori dal Vecchio Mondo fossero stati attirati dalle bellezze del Nuovo, dato il suo potere dolcificante. Essi la chiamavano “Kaa he-he (termine nativo, che si traduce con la parola “erba dolce”), e la utilizzavano per coprire il gusto amaro dell’Ilex paraguayensis con cui preparavano un infuso chiamato “Mate” (il the Paraguay); e per la per la preparazione di pozioni medicinali o semplicemente utilizzata per il suo sapore dolce.
Il diffuso utilizzo di stevia è stata raccontata dagli spagnoli nei documenti storici conservati presso l’archivio Nazionale del Paraguay ad Asuncion; gli storici hanno descritto che tali popolazioni indigene utilizzavano le foglie di stevia "fin dai tempi antichi".
In poco tempo si diffuse l’utilizzo della pianta non solo in Paraguay e Brasile, ma in tutto il continente. Nel 1887, il dottor Moises Bertoni Santiage – direttore del Collegio di Agricoltura a Asuncion – ha iniziato a "riscoprire" questa erba, (dopo molte ricerche nelle foreste orientale del Paraguay), chiamando la pianta in onore del chimico paraguiano Rebaudi, il quale fu il primo ad estrarre la componente dolce della pianta.
Si dice, che Bertoni abbia scritto: "sono sorpreso dalla strana dolcezza della foglia, un piccolo frammento della foglia, solo pochi millimetri quadrati di dimensione è sufficiente a mantenere la bocca dolce per un’ora. Alcune foglie di piccole dimensioni sono sufficienti per addolcire una tazza di caffè o di tè".
La scoperta del dottor Bertoni comportò il punto di svolta per la stevia (considerando che prima del 1900 era cresciuta solo allo stato selvatico, con un consumo limitato a coloro che hanno accesso al suo habitat naturale), dato comprese la possibilità di poterla coltivare.
Infatti nel 1908, è avvenuto il primo e vero raccolto di stevia, con una tonnellata di foglie secche. In poco tempo, le piantagioni di stevia si diffusero rapidamente nel continente Sud Americano e non solo; il suo uso è cominciato ad aumentare, sia all’interno che al di fuori dell’ America Latina.
La Stevia Rebaudiana può essere impiegata come "dolcificante a zero calorie" sotto forma di:
  • Foglie fresche
  • Foglie tritate in polvere (20/30 volte più dolci dello zucchero)
  • Estratto in polvere (200/300 volte più dolce dello zucchero)
  • Concentrato liquido da estrazione acquosa e/o idroalcolica (circa 70 volte più dolce dello zucchero).
I COSTITUENTI EDULCORANTI DELLA STEVIA REBAUDIANA.
Nel corso della prima metà del secolo scorso, furono isolati e caratterizzati i composti chimici edulcoranti, caratteristici della Stevia, i quali furono chiamati:
  • Stevioside;
  • Dulcoside A, B;
  • Rebaudioside A, B, C, D, E, F.
Essi sono glucosidi di un diterpene tetraciclico del gruppo del caurano, il cui aglicone è denominato “STEVIOLO”. I due principali glucosidi delle foglie sono:
  • STEVIOSIDE, contenuto per il 5-10% del peso secco
  • REBAUDIOSIDE A, presente per 2-4%.
Lo Stevioside ed il Rebaudioside sono i componenti più dolci della STEVIA e si presentano, se raffinati, come una polvere quasi bianca o, se ottenuti mediante estrazione acquosa oppure idroalcolica, come un liquido trasparente. 
Le foglie di STEVIA possono differire nei quantitativi di glucosidi in funzione di diversi fattori, quali :
  • condizioni climatiche,
  • tipologia del terreno,
  • luminosità,
  • metodi irrigui,
  • sistemi di coltivazione, di lavorazione e di immagazzinamento.
Le diverse produzioni di STEVIA possono, a loro volta, essere valutate secondo criteri di aroma, sapore, aspetto e potere dolcificante. Per lo sviluppo della pianta si richiedono temperature temperate. La specie non sembra avere particolari esigenze nei riguardi del terreno. In natura cresce infatti su terreni poveri, sabbiosi, con falda idrica superficiale.
Non cresce bene nei terreni compatti, preferendo quelli sciolti; quindi è pianta di ambienti ruderali e di terreno smosso e lavorato più che pianta da prato; è abbastanza tollerante per l’acidità del suolo. Richiede un’esposizione soleggiata, ma vegeta bene anche in posizione semiombreggiata.
In caso di clima freddo può essere protetta mediante serre permettendo la sopravvivenza della parte basale che rivegeterà a primavera. In caso di clima molto freddo può essere ovviamente ricoverata in serra, riportandola all’aperto dopo le ultime gelate primaverili. Ma il suo habitat migliore è un suolo limo-argilloso, temperatura media di 20°C con 10 ore di luminosità utile e piovosità di 1.000 mm/anno : la zona subtropicale.


Le caratteristiche principali della Stevia Rebaudiana sono:
  • non contiene calorie;
  • non altera il livello di zucchero nel sangue;
  • inibisce la formazione della carie e della placca dentale;
  • non contiene ingredienti artificiale;
  • può essere usata per cucinare;
Campi principali di utilizzo della Stevia Rebaudiana (nei paesi dove è possibile utilizzarla):
  • diabete, comportando una riduzione del valore glicemico, stabilizzandone i valori;
  • obesità, viene usata nelle diete alimentari, poichè soddisfa la voglia di dolce, quasi sempre mette a tacere la "fame psicologica" di carboidrati (pane, pasta, ecc.) e di dolci;
  • iperattività;
  • pressione alta;
  • indigestioni;
  • riduce il livello di colesterolo;
  • giova alla pelle e la tonifica;
  • guarisce da dermatite, eczema, tagli e ferite lievi; viene utilizzata per i suoi effetti medicamentosi, dando beneficio al pancreas; è antifungina e antibatterica;
  • diminuisce i rischi cardiovascolari (arteriosclerosi), aumenta le difese antiossidanti e protegge la parete vascolare e venosa, regolarizzando la pressione arteriosa;
  • fornisce una gradevole soddisfazione primaria(il dolce) ed è e diminuisce le ’voglie’ di fumare e bere alcool;
  • utilizzabile nei prodotti della cosmesi e nella produzione di dentifricio;
  • in ogni settore dell’industria alimentare;
In tabella sono riportati gli usi concessi in diversi paesi del mondo:



GIAPPONE
concessoconcesso
KOREAconcessoconcesso
INDIAconcessoconcesso
ISRAELEconcessoconcesso
EUROPA (UE)non concessonon concesso
ITALIA (UE)non concessonon concesso
FRANCIA (UE)concessoconcesso
SVIZZERAconcessoconcesso
RUSSIAconcessoconcesso
U.S.Aconcessoconcesso
CANADAconcessoconcesso
AUSTRALIAconcessoconcesso
NUOVA ZELANDAconcessoconcesso
ARGENTINAconcessoconcesso
BRASILEconcessoconcesso
PARAGUAYconcessoconcesso
INDONESIAconcessoconcesso
CINAconcessoconcesso
TAIWANconcessoconcesso
MALESIAconcessoconcesso
HONG KONGnon concessonon concesso
SINGAPOREnon concessonon concesso

ADI (Allowable Daily Intake ) e fattore sicurezza

Esaminando (più opportunamente) i dati provenienti provenienti dai paesi che ne fanno uso corrente da molto tempo, la Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives (JECFA) hanno stabilito una "dose massima giornaliera" (ADI o Allowable Daily Intake) di 4 mg/kg peso corporeo di steviolo (Roma, 17-26 Giugno 2008). In inglese ciò viene scritto: Allowable Daily Intake (ADI) of 0-4 mg/kg BW (expressed as steviol equivalents) has been accepted (safety factor 100). PAGINA 3
Questo limite, nello studio della JECFA, ha un fattore di sicurezza 100, ossia è 100 volte inferiore alle quantità che possono essere assimilate senza rischi dai soggetti di studio.
Il "Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives (JECFA)" è un comitato internazionale di esperti scientifici, che è amministrato congiuntamente dalla Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite (FAO) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). È attivo dal 1956, inizialmente per valutare la sicurezza degli additivi alimentari, ora il suo lavoro include anche la valutazione dei contaminanti, naturalmente sostanze tossiche e residui di farmaci veterinari negli alimenti.

Alcuni documenti:

JOINT FAO/WHO EXPERT COMMITTEE ON FOOD ADDITIVES Sixty-ninth meeting Rome, Italy, 17-26 June 2008 - SUMMARY AND CONCLUSIONS - issued 4 July 2008 a pag. 3
STEVIOSIDE IS SAFE! by Prof. Jan M.C. Geuns, Lab. Functional Biology, KULeuven Kasteelpark Arenberg 31, 3001 Leuven - Belgium
WHO FOOD ADDITIVES SERIES: 54 - STEVIOL GLYCOSIDES - da pag. 124
WHO Technical Report Series 928 - EVALUATION OF CERTAIN FOOD ADDITIVES - Sixty-third report of the Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives - da pag. 42
WHO TECHNICAL REPORT SERIES 952 - Evaluation of certain food additives - da pag. 63


Abbiamo scritto questo post riportando questi dati su gentile concessione di Nastevia:


Associazione Nazionale Italiana Stevia
Italian National Stevia Association
NASTEVIA


Via Don Giovanni Pujatti n.8
Prata di Pordenone - CAP 33080
ITALIA
Codice Fiscale 91075340934

Segreteria

e-mail: info@nastevia.it



Per informazioni complete, studi scientifici, domande e come procurarsi la stevia, contattate direttamente Nastevia e visitate il sito: www.nastevia.it


Foglie di stevia



martedì 14 agosto 2012

Esperienza ESP riguardante l'Anima di una defunta: Ari dai capelli rossi

Le righe che seguono descrivono un'esperienza di sintonizzazione su un'Anima di una giovane donna defunta, detta Ari "La Rossa" per via del suo colore di capelli.


Avevo incontrato Ari detta La Rossa un pomeriggio d'inverno, saranno quattro o cinque anni fa. Faceva piuttosto freddo quel giorno e aveva nevicato. Lei non aveva né berretto, né sciarpa né guanti e se ne stava lì ad aspettare l'autobus, come me, battendo i denti per il freddo.

Di certo le corse dei mezzi pubblici dovevano essere tutte in ritardo quella mattina e la neve, caduta di recente, era accumulata ai margini della strada dove diventava fanghiglia.

I capelli di Ari, rossi come erano, parevano l'unica nota di colore in quella giornata invernale grigiastra e sporca.

Sarà che io pure li ho rossi, ma non così rossi, sarà che io per prima desideravo compagnia e un antidoto alla noia di quell'attesa... fatto sta che mi avvicinai a quella ragazza e provai a scambiare qualche parola, cose banali, il freddo della stagione, il ritardo dell'autobus...

Lei era cordiale, le andava di chiacchierare e mi disse appunto di chiamarsi Ari - diminutivo di Arianna -, tuttavia mi accorsi che doveva essere un poco "sbandata". Pareva assonnata e stringeva in una mano un enorme pacchetto di patatine fritte che mi avrebbero fatto venire la nausea solo al pensiero di assaggiarle. Temevo me ne volesse offrire qualcuna, invece no per fortuna, e non ne mangiò neppure lei.

Quando l'autobus arrivò, salimmo entrambe sul mezzo e francamente speravo che la nostra conversazione potessi considerarsi finita. Invece Ari volle continuare a parlare con me anche in autobus, e si sedette proprio dietro di  me, così io, per non darle le spalle, dovetti sedermi di traverso, con tutto che non ho mai apprezzato neppure il mio profilo.

Più parlava e più mi pareva che, per quanto cordiale, quella Ari fosse un tantino sconclusionata. La pelle delle sue mani era rovinata dal freddo pungente e anche le labbra erano screpolate, ma a lei pareva non importare.

Mi disse che la sua vita era uno schifo, e che stava con l'uomo sbagliato. 

Non replicai e dissi solo che le auguravo di riuscire a cambiare in qualche modo la sua situazione. In realtà, non avevo idea di come vivesse.

Ogni tanto perdeva il filo del discorso e io non la esortavo a ritrovarlo. Ascoltavo e basta e penso proprio che non mi fosse richiesto di più, ne ci fossero diverse aspettative su di me da parte di quella giovane donna trasandata ma non troppo, e con i capelli lunghi, di un rosso strepitoso.

Non so poi come venne fuori che lei mi chiese se io credessi in Dio, o qualcosa del genere...forse aveva visto un piccolo rosario da dieci grandi che tenevo appeso tipo portachiavi alla cerniera della mia borsa. 

Le risposi che avevo tutti i motivi, razionali e sensitivi, per ritenere di dovermi relazionare ogni giorno con Dio, o come voleva chiamarlo lei.

Allora mi chiese di pregare brevemente con lei e io, senza badare alle poche altre persone presenti nel mezzo, acconsentii e recitammo a bassa voce, tra di noi, un'Ave Maria o forse più di una.

Ari mi prese le mani e sentii quanto fossero fredde. Intuendo che doveva comunque essere "un poco persa" almeno in quel periodo, la esortai, una volta scesa dal bus, ad entrare in un bar e bere qualcosa di caldo; le infilai nel palmo di una mano alcune monete (tre o quattro euro per un tè caldo in un bar potevano essere sufficienti, almeno lo erano nella mia città quattro anni fa!) e quando l'autobus fu nei pressi della mia fermata, decisi, in uno slancio di inatteso affetto, di regalarle anche i miei guanti di pile.

Lei mi ringraziò impetuosamente, il che mi meravigliò perché per un attimo parve poter uscire dal torpore del quale pareva essere preda. Scesi dal bus e mi voltai, notando che mi stava guardando lei pure, dal finestrino.

Me ne tornai a casa tenendo le mani in tasca, ma poi le faccende della mia vita quotidiana mi assorbirono al punto che, poche ore dopo, Ari "La Rossa" era già un ricordo.

Non pensai più a lei per diverso tempo, né ebbi modo di rivederla alla fermata del bus o altrove in città.

Sono passati penso oltre quattro anni da allora, roba da non credere, il tempo vola davvero...

Alcuni giorni fa, tuttavia, c'è stata una bizzarra coincidenza. Un'amica, volontaria in un'associazione che si occupa di offrire aiuto a barboni, tossicodipendenti e persone "che vivono per la strada", rispose ad una telefonata sul suo cellulare proprio mentre si trovava in casa mia, e si mise a parlare con un suo amico dell'associazione. Lui le stava dando la notizia del ritrovamento del corpo senza vita di una donna dai capelli rossi, conosciuta dai volontari di quell'associazione.

Lì per lì cercai di non interessarmi alla notizia, non mi riguardava, ma quando pronunciarono il nome Arianna, e dissero per la seconda volta che aveva i capelli rossi, iniziai a pensare che fosse la stessa donna con cui avevo parlato in autobus, con cui avevo pregato, e alla quale avevo infine donato poche monete e i miei guanti.

Interrogai la mia amica prima che se ne andasse da casa mia, descrivendole, per come la ricordavo, la ragazza da me incontrata alcuni anni prima. Entrambe giungemmo alla conclusione che fosse la stessa donna.

Non so esattamente di cosa sia morta, probabilmente di un'overdose, o forse si è tolta la vita.

- Ti ha detto il tuo amico di che è morta? - avevo chiesto.

- Della vita di strada e di disperazione - rispose lei. 

Così si muore quando non si trova una via di uscita, di riscatto sociale, un lavoro o le persone giuste da frequentare.

Non ne parlai con altre persone, né feci altre domande. Dovevo solo ottenere un buon margine di probabilità che fosse la stessa Ari dai capelli rossi, e l'avevo ottenuto. Non so neppure dove l'abbiano sepolta.

Alcune sere dopo decisi però di non archiviare il caso nella mia mente, e di sintonizzarmi su Ari, voglio dire, sulla sua Anima. Non mi aspettavo di Sentire nulla, e anzi devo dire che non è mia abitudine sintonizzarmi e aprire un canale con l'Anima di una persona della cui morte ho semplicemente sentito parlare. 

Nel mio territorio si verificano, come ovunque, diversi decessi nell'arco delle settimane e dei mesi, e io non mi sintonizzo su nessuno di quegli spiriti di persone trapassate. Neanche li conosco...

Ma ho provato con Ari perché ho pensato che, se non ero riuscita ad aiutarla concretamente quel giorno d'inverno (monetine e guanti a parte, ma di più non avrei potuto comunque fare per lei) avrei almeno potuto cercare di offrirle preghiere ed energia per elevarsi, nel caso fosse stata aiutabile, nel caso fosse stata alla mia portata, accessibile alla mia sensitività, nel caso ci fosse per lei una via aperta per il Cielo.

Non avrei scritto tutto questo se il mio tentativo fosse stato vano. 
La sintonizzazione sull'Anima di Ari, su Ari, non mi è pesata e anzi il collegamento, diciamo così, è avvenuto in modo fluido, senza sforzo e senza che io perdessi il contatto dopo pochi istanti, come spesso è invece accaduto in altri miei tentativi (ecco perché mi ero scoraggiata e avevo ritenuto che la mia soglia di sensibilità spirituale, o sensitività, non fosse sufficiente per gestire questo genere di esperienze in autonomia).

Mentre mi concentravo scivolando in una preghiera meditata, sul mio schermo mentale si formò l'immagine di una figura femminile che, staccandosi da un piccolo gruppo di altre persone, veniva verso di me e guardava un po' stupita, come se fosse stata chiamata.

Ebbi un'ispirazione da lei: "cerchi me?"

Risposi: "sì".

E inziai a pregare e più io pregavo più mi pareva che lei si rinvigorisse, come se traesse energia e ritrovasse le forze. Sembrò incoraggiata e contenta di quello che stavo facendo e non mi chiese di smettere. 

Io non le rivolsi la parola di mia iniziativa, non contatto gli spiriti, io prego e basta, visualizzo, raccolgo informazioni, ma non faccio domande. Quasi mai.

Lei parlò ancora, spontaneamente, le sue parole giungevano alla mia coscienza come ispirazioni, ma molto nette, estranee al mio pensiero: non venivano da me.

"Dove è qui?" chiese lei.

"Non lo so. Non so dove sei."

"Mi sembra di stare in mezzo a molta nebbia...avanzo come nella nebbia...ma al tempo stesso mi sento bruciare, eppure qui non c'è fuoco".

Pensai che doveva avere lasciato del tutto il piano di esistenza terreno ed essere in quella condizione/dimensione, accessibile solo ai puri spiriti e non ai corpi mortali, che la tradizione chiama "purgatorio". La sensazione di un fuoco che brucia senza ustionare, che pure non è in forma di fiamme, la sensazione di vagare senza capire dove si sta andando... sembrava un tratto di purgatorio profondo, ma non angosciante. 

L'Anima di Ari non era angosciata, semplicemente non si orientava e non aveva ancora acquisito cognizioni superiori, almeno non molte.

Seguitai a pregare per lei, perché avevo energia e tempo e amore...

La visualizzai nuovamente e vidi che innanzi a lei si diradava una specie di nebbiolina strana e si formava, laddove la nebbia se ne era andata, una sorta di via, di sentiero, e Ari prese a muoversi in avanti su quel sentiero che altro non era se non un tratto libero dal quella strana nebbiolina evanescente.

Vidi anche che, a non molta distanza da Ari, c'erano altri spiriti, tutti Anime: alcune stavano pressoché ferme, come in attesa, altre si cercavano tra loro o comunque rimanevano vicine. Notai anche che quelle tra loro che si accorgevano (non so come facessero) della mia presenza, o meglio, del mio intervento con Ari, si volgevano verso di me, cioè verso la mia prospettiva sull'intero scenario.

Quando scrivo "vidi" intendo dire che è come se un'immagine più o meno nitida si formi sul mio schermo mentale, come se potessi avere una sorta di "seconda vista" proiettata su mondi che non sono il nostro.

Più io pregavo infondendo ad Ari luce ed energia, più lei avanzava e la nebbia davanti a lei si diradava. Inoltre, notai che lei acquisiva anche informazioni sulla sua condizione e sul luogo in cui si trovava, notai cioè che la somministrazione di preghiera cioè di energia spirituale aumentava anche la sua consapevolezza generale.

Inoltre, più io pregavo e più attiravo senza volerlo l'attenzione delle altre Anime, quelle più vicine ad Ari o alle quali lei passava accanto muovendosi .

Spontaneamente, Ari mi parlò di nuovo, come se avesse appena capito qualcosa, un'intuizione sua personale della quale volle mettermi a parte.

"Durante la mia vita neanche avrei potuto dirmi cristiana. Ma è stato grazie alla Madre Tenerissima se ora sono qui".

Compresi che parlava con me e che voleva farmi capire che la sua vita non era stata (a parer suo) conforme agli insegnamenti di Cristo, ma la Madre di Lui l'aveva aiutata in qualche modo, ottenendole di conseguire salvezza e proseguire comunque il suo cammino, seppure in quella forma e in quella dimensione che a quanto pare era necessario attraversasse.

"Oh, Lei ha visto in me del Bene, ha guardato al mio cuore e ci ha visti dei meriti che io non sapevo di avere". Continuò quell'Anima, sempre più entusiasticamente.

Devo dire che è raro per me riuscire a mantenere un contatto così a lungo con uno spirito, ed è raro che quello spirito abbia voglia di raccontarmi di sé e delle sue vicende terrene o ultraterrene. Per questo lo sto scrivendo, perché mi capita raramente.

Dalle parole di quell'Anima compresi che non si trovava sulla Terra, bensì su un piano dimensionale che non è quello fatto di materia densa del quale noi facciamo quotidiana ed indiscutibile esperienza.

(di certo qualcosa di buono lo avrà avuto, per quanto io avessi notato che fosse un poco sbandata, era stata comunque molto gentile con me, e avevamo pregato insieme....).

Non mi meraviglio che abbia avuto Salvezza, dunque. Quando io dico "conseguire Salvezza" intendo dire "scegliere definitivamente di continuare ad esperire, in altre dimensioni, una logica di Amore, di continuare a fare esperienza di Dio".

Delle parole mi sorsero spontanee mentre pregavo nel mio cuore per Ari, sperando di non perdere il contatto con lei. Le pronunciai a voce alta, come fossero per lei e non per me. 

"Per la Misericordia e la Giustizia del Padre hai avuto questo, e per i meriti di Cristo, e per l'opera dello Spirito Santo, e per l'intercessione di Maria e dell'Angelo tuo, dei santi e, forse, di qualcuno sulla Terra che ti voleva bene".

Sì, anche il semplice affetto umano infatti può contribuire a migliorare le condizioni di uno spirito tormentato che lascia la Terra.

Ebbi l'impressione che lo spirito di Ari avesse ascoltato con attenzione quelle parole, ma che non riuscisse a comprenderne appieno il significato,  né penso comunque di riuscirci io. Erano parole ispirate.

Poi, improvvisamente, persi il contatto. Il fatto di parlare mi aveva o distratta o richiesto troppa energia. Continuai tuttavia a pregare e recitai un rosario fino alla fine, fino all'ultimo grano della corona.

Mentre finivo, ebbi l'impressione di potermi sintonizzare nuovamente, ma ero emozionata per l'esperienza vissuta, inoltre avevo udito dei rumori provenire dal piano di sotto e mi ero ricordata di dover dare da mangiare ai gatti... così interruppi io stessa quel tentativo di contatto e chiusi la preghiera e, di conseguenza, il canale che avevo aperto.

Mentre stavo in cucina, intenta ad aprire un paio di scatolette di cibo per gatti, il mio spirito custode mi rimproverò dolcemente: "non chiudere così in fretta questo tipo di canali: non è bene impedire ad un'Anima di parlare ancora".

Aveva ragione lui, era come sbattere il telefono in faccia a qualcuno, e io stessa avrei voluto sapere cosa Ari avesse ancora da dirmi. 

Dopo questo episodio non ho più fatto altri tentativi di sintonizzarmi sull'Anima di Ari detta La Rossa, perché la routine quotidiana non mi ha lasciato molto tempo libero, mi sono distratta di nuovo in cose mondane e non ho molta energia per sintonizzarmi su spiriti che si muovono su altri piani di esistenza. 

Ma semmai ci riproverò.







Padre Pio - Anime del Purgatorio



Padre Pio e le Anime del Purgatorio




Le apparizioni cominciarono già in tenera età. Il piccolo Francesco Forgione (futuro Padre Pio) non ne parlava perché credeva che fossero cose che accadevano a tutte le anime. Le apparizioni erano di Angeli, di Santi, di Gesù, della Madonna, ma alle volte, anche di demoni. Negli ultimi giorni di dicembre 1902, mentre stava meditando sulla sua vocazione, Francesco ebbe una visione. Ecco come la descrisse, diversi anni dopo, al suo confessore (nella lettera usa la terza persona). 

Francesco vide al suo fianco un uomo maestoso di rara bellezza, splendente come il sole, che presolo per la mano lo incoraggiò con il preciso invito: "Vieni con me perché ti conviene combattere da valoroso guerriero ". 

Fu condotto in una spaziosissima campagna, tra una moltitudine di uomini divisa in due gruppi: da una parte uomini dal volto bellissimo e ricoperti di vesti bianche, candide come la neve, dall'altra uomini di orrido aspetto e vestiti di abiti neri a guisa di ombre oscure. Il giovane collocato fra quelle due ali di spettatori, si vide venire incontro un uomo di smisurata altezza da toccare con la fronte le nuvole, con un volto orrido. Il personaggio splendente che aveva al fianco lo esortò a battersi con il personaggio mostruoso. Francesco pregò di venire risparmiato dal furore dello strano personaggio, ma quello luminoso non accettò: "Vana è ogni tua resistenza, con questo conviene azzuffarti. Fatti animo, entra fiducioso nella lotta, avanzati coraggiosamente che io ti sarò dappresso; ti aiuterò e non permetterò che ti abbatta".

Lo scontro fu accettato e risultò terribile. Con l'aiuto del personaggio luminoso sempre vicino, Francesco ebbe la meglio e vinse. Il personaggio mostruoso, costretto a fuggire, si trascinò dietro quella gran moltitudine di uomini di orrido aspetto, fra urla, imprecazioni e grida da stordire. L'altra moltitudine di uomini dal vaghissimo aspetto, sprigionò voci di plauso e di lodi verso colui che aveva assistito il povero Francesco, in sì aspra battaglia. 

Il personaggio splendido e luminoso più del sole, pose sulla testa di Francesco vittorioso una corona di rarissima bellezza, che vano sarebbe descriverla. La corona venne subito ritirata dal personaggio buono il quale precisò: "Un'altra più bella ne tengo per te riservata. Se tu saprai lottare con quel personaggio col quale or ora hai combattuto. Egli tornerà sempre all'assalto...; combatti da valoroso e non dubitare nel mio aiuto... non ti spaventi la di lui molestia, non paventare della di lui formidabile presenza. Io ti sarò vicino, io ti aiuterò sempre, affinché tu riesca a prostrarlo". 

Tale visione fu seguita, poi, da reali scontri col maligno. Padre Pio sostenne infatti numerosi scontri contro il "nemico delle anime" nell'arco della sua vita, con il proposito di strappare le anime dai lacci di satana. 

Una sera Padre Pio stava riposando in una stanza, al pianterreno del convento, adibita a foresteria. Era solo e si era da poco disteso sulla branda quando, improvvisamente, ecco comparirgli un uomo avvolto in un nero mantello a ruota. Padre Pio, sorpreso, alzandosi, chiese all'uomo chi fosse e che cosa volesse. Lo sconosciuto rispose di essere un'anima del Purgatorio. "Sono Pietro Di Mauro. Sono morto in un incendio, il 18 settembre 1908, in questo convento adibito, dopo l'espropriazione dei beni ecclesiastici, ad un ospizio per vecchi. Morii fra le fiamme, nel mio pagliericcio, sorpreso nel sonno, proprio in questa stanza. Vengo dal Purgatorio: il Signore mi ha concesso di venirvi a chiedere di applicare a me la vostra Santa Messa di domattina. Grazie a questa Messa potrò entrare in Paradiso ". 

Padre Pio assicurò che avrebbe applicato a lui la sua Messa... ma ecco le parole di Padre Pio: "Io, volli accompagnarlo alla porta del convento. Mi resi pienamente conto di aver parlato con un defunto soltanto quando usciti nel sagrato, l'uomo che era al mio fianco, scomparve improvvisamente. Devo confessare che rientrai in convento alquanto spaventato. A padre Paolino da Casacalenda, Superiore del convento, al quale non era sfuggita la mia agitazione, chiesi il permesso di celebrare la Santa Messa in suffragio di quell'anima, dopo, naturalmente, avergli spiegato quanto accaduto". 

Qualche giorno dopo, Padre Paolino, incuriosito, volle fare qualche controllo. Recatosi all'anagrafe del Comune di San Giovanni Rotondo, richiese ed ottenne il permesso di consultare il registro dei deceduti nell'anno 1908. Il racconto di Padre Pio, corrispondeva a verità. Nel registro relativo ai decessi del mese di settembre, Padre Paolino rintracciò il nome, il cognome e la causale della morte: "In data 18 settembre 1908, nell'incendio dell'ospizio è perito Pietro di Mauro, fu Nicola". 

Cleonice Morcaldi figlia spirituale tanto cara al Padre, ad un mese dalla morte della mamma, si sentì dire da Padre Pio al termine della Confessione: "Stamattina la tua mamma è volata in Paradiso, l'ho veduta mentre stavo celebrando la Messa". 

Quest'altro episodio venne raccontato da Padre Pio a Padre Anastasio. Una sera, mentre, solo, ero in coro a pregare, sentii il fruscio di un abito e vidi un giovane frate trafficare all'altare maggiore, come se spolverasse i candelabri e sistemasse i portafiori. Convinto che a riordinare l'altarefosse Frà Leone, poiché era l'ora della cena, mi accosto alla balaustra e gli dico: "Frà Leone, vai a cenare, non è tempo di spolverare e aggiustare l'altare". Ma una voce, che non era quella di Frà Leone mi risponde ", "Non sono Frà Leone", "E chi sei?", chiedo io. 

"Sono un vostro confratello che qui fece il noviziato. L'ubbidienza mi dette l'incarico di tenere pulito e ordinato l'altare maggiore durante l'anno di prova. Purtroppo più volte mancai di rispetto a Gesù sacramentato passando davanti all'altare senza riverire il Santissimo conservato nel Tabernacolo. Per questa grave mancanza, sono ancora in Purgatorio. Ora il Signore, nella sua infinita bontà, mi manda da voi perché siate voi a stabilire fino a quando dovrò soffrire in quelle fiamme di amore. Aiutatemi". 

"Io credendo di essere generoso verso quell'anima sofferente, esclamai: Vi starai fino a domattina alla Messa. Quell'anima urlò: Crudele! Poi gridò forte e sparì. Quel lamento mi causò una ferita al cuore che ho sentito e sentirò tutta la vita. Io che per delega divina avrei potuto mandare quell'anima immediatamente in Paradiso, la condannai a restare un'altra notte nelle fiamme del Purgatorio". 

Le apparizioni per Padre Pio, potevano considerarsi quotidiane, tanto da consentire al Frate cappuccino di vivere contemporaneamente in due mondi: uno visibile ed uno invisibile, sovrannaturale. 

Lo stesso Padre Pio, confessava nelle sue lettere al suo direttore spirituale, alcune esperienze: Lettera a Padre Agostino del 7 aprile 1913: "Mio carissimo Padre, venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di Sacerdoti fra i quali diversi dignitari ecclesiastici, di questi chi stava celebrando, chi si stava parando e chi si stava svestendo dalle sacre vesti. 

La vista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n'ebbi. Però il suo sguardo mi portò verso quei Sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lacrime che gli solcavano le gote. 

Si allontanò da quella turba di Sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: "Macellai! E rivolto a me disse": 'Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò per cagione delle anime da me più beneficiate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo dell'agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L'anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ahimè mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza. 

L'ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l'agonia. Come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge e che costoro al loro indifferentismo, aggiungono il loro disprezzo, l'incredulità. Quante volte ero lì per lì per fulminarli, se non fossi stato trattenuto dagli angioli e dalle anime di me innamorate... Scrivi al Padre tuo e narragli ciò che hai visto ed hai sentito da me questa mattina. Digli che mostrasse la tua lettera al Padre provinciale...". Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna di questo mondo" (PADRE PIO: Epistolario I° -1910-1922). 

Lettera a Padre Agostino del 13 febbraio 1913: "...Non temere io ti farò soffrire, ma te ne darò anche la forza - mi ripete Gesù -. Desidero che l'anima tua con quotidiano occulto martirio sia purificata e provata; non ti spaventare se io permetto al demonio di tormentarti, al mondo di disgustarti, perché niente prevarrà contro coloro che gemono sotto la Croce per amore mio e che io mi sono adoperato per proteggerli " (PADRE PIO: Epistolario I° 1910-1922). 

Lettera a Padre Agostino del 12 marzo 1913: "...Sentite, Padre mio, i giusti lamenti del nostro dolcissimo Gesù: Con quanta ingratitudine viene ripagato il mio amore per gli uomini! Sarei stato meno offeso da costoro se li avessi amati di meno. Mio Padre non vuole più sopportarli. Io vorrei cessare di amarli, ma... (e qui Gesù tacque e sospirava, e dopo riprese) ma ohimé! Il mio cuore è fatto per amare! 

Gli uomini vili e fiacchi non si fanno nessuna violenza per vincersi nelle tentazioni, che anzi si dilettano nelle loro iniquità. Le anime da me più predilette, messe alla prova mi vengono meno, le deboli si abbandonano allo sgomento ed alla disperazione, le forti si vanno rilassando a poco a poco. Mi lasciano solo di notte, solo di giorno nelle Chiese. 

Non si curano più del Sacramento dell'altare; non si parla mai di questo Sacramento di amore; ed anche quelli che ne parlano ohimé! con quanta indifferenza, con che freddezza. Il mio Cuore è dimenticato; nessuno si cura più del mio amore; io son sempre contristato. 

La mia Casa è diventata per molti un teatro di divertimenti; anche i miei ministri che Io ho sempre riguardato con predilezione, che io ho amato come pupilla dell'occhio mio; essi dovrebbero confortare il mio Cuore colmo di amarezze; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime, invece chi lo crederebbe? Da essi debbo ricevere ingratitudini e sconoscenze. 
Vedo, figlio mio, molti di costoro che... (qui si chetò, i singhiozzi gli strinsero la gola, pianse in secreto) che sotto ipocrite sembianze mi tradiscono con Comunioni sacrileghe, calpestando i lumi e le forze che continuamente dò ad essi... " (PADRE PIO 1°: Epistolario 1°-1910-1922).