venerdì 27 aprile 2012

Breve racconto di un viaggio a Shanghai

Nobisco ha il piacere di pubblicare questo breve racconto di un viaggio a Shanghai di una sua amica.

"Sono andata a Shanghai per motivi di lavoro, nel 2009. Ho preso l'aereo a Venezia (aeroporto Marco Polo) e sono atterrata all'aeroporto di Dubai dopo diverse ore di volo. La coincidenza con il volo per Shanghai non l'avevo subito. A Dubai erano circa le 3 del mattino quando sono atterrata e l'aeroporto era comunque affollato, come diverse altre zone di quella città degli Emirati.

Dubai never sleeps.

Avevo un pass per la vip lounge e così mi sono accomodata su un divanetto dopo avere riempito un vassoio di qualcosa da mangiare. C'era un buffet da convivio degli dèi, c'era tanto di quel cibo, e tanta varietà, da poter avere l'imbarazzo della scelta. Potevo scegliere se mangiare cibo salato oppure dolce, c'erano anche le brioches (i croissants) e il caffè bollente, cappuccino fatto con macchina da bar italiana, e poi frutta, macedonia, torte gelato, noccioline, pizza, e almeno cinque tipi diversi di acqua minerale in bottiglia, bibite gassate, succhi, vino... ho cercato di tenermi comunque, altrimenti mi sarei rimpinzata.

Dopo un paio d'ore trascorse a sfogliare riviste e guardare la televisione (pochi sonnecchiavano e qualcuno era andato a fare una doccia (sì, c'era anche questa possibilità, bagni con docce in aeroporto) mi sono nuovamente imbarcata. Ero preoccupata di non trovare il mio volo e di perdermi in aeroporto, ma c'è personale in servizio ovunque, soprattutto donne (carine, piuttosto alte, in uniforme, truccate, con la pelle abbastanza chiara, parlanti inglese e gentili) disponibili ad aiutarti anche a trovare, che ne so, l'orecchino che ti è caduto per terra. Con un servizio del genere, tutto diventa facile e nessuno si perde in giro per l'aeroporto, o perde il suo volo.

Dopo altre ore - non ricordo quante perché ho dormito un po' durante il volo - sono arrivata a Shanghai. Prima di farci scendere dall'aereo, il velivolo è stato "invaso" da cinesi che indossavano una mascherina, guanti e avevano un kit per prelevare saliva con una bastoncino, cioè per fare un tampone passando il bastoncino sulla mucosa all'interno della guancia. Facevano il prelievo a caso, a persone a campione, e lo hanno fatto pure a me. Penso che il motivo riguardasse la SARS (severe acute respiratory syndrome) ma potrei sbagliarmi. Non c'era comunque nessuna psicosi collettiva all'aeroporto di Shanghai: tutto era calmo e normale.

Ho cambiato del denaro - la ragazza seduta al banco del cambiavalute accettava le banconote, le inseriva in una macchina che le contava e distribuiva l'equivalente in renminbi (o yuan, è la valuta cinese corrente)  ad una velocità tale che mi sono chiesta se fosse una vera donna o uno di quei robot antropomorfi che si vedono ogni tanto e che forse si vedranno sempre più di frequente alle fiere asiatiche di robotica.

L'hotel che avevo prenotato - anzi, lo aveva scelto l'azienda, i dipendenti li mandava sempre lì quando erano a Shanghai - era l'Howard Johnson's, facente parte di una catena intercontinentale. Figuriamoci se ad una come me può piacere un simile albergo. Era pacchiano, e non me ne importava niente né di andare in palestra, né della jacuzzi.

Moquette in camera. Bleah. Lettone matrimoniale altissimo (mi ci sono letteralmente arrampicata sopra) con un piumino imbottito al posto delle coperte, lenzuola dure e un sacco di cuscini.

Personalmente non ho avuto problemi con il fuso orario, non avevo sonno (sarà che avevo dormito per almeno tre ore in aereo) e quindi, dato che a Shanghai era pomeriggio, non sono andata a dormire. Quella sera dopo cena avevo un appuntamento con il referente per la Cina e siamo rimasti a parlare (in inglese ovviamente) per un paio d'ore nel salottino dell'albergo, bevendo tè cinese amaro.

Ho dormito comunque bene la notte e il giorno dopo mi sono svegliata al primo trillo della sveglia senza problemi. Avevo autorizzato la reception a mandare pure qualcuno a buttarmi giù dal letto di peso se non mi fossi presentata alla colazione entro le otto e mezza del mattino.

Dopo una colazione a base di caffè, un po' di latte e dei fruttini succosi che si chiamano qualcosa come licis o liches (fruttini rotondi con un involucro spinoso, succosi, buonissimi) ho atteso il mio contatto in Cina nella hall. Lui è venuto a prendermi con un'automobile un po' vecchiotta di una marca che non ho mai visto dalle mie parti in Italia: Santana.

Dopo tre ore circa di macchina abbiamo raggiunto una zona di campagna e risaie fuori Shanghai (nel Pudong comunque?) dove il mio scopo era quello di trovare una determinata fabbrica dispersa appunto tra i campi di riso e parlare con la direttrice. La fabbrica non era per niente bella. I macchinari andavano a carbone. Donne e uomini, tutti relativamente giovani, lavoravano dalle nove alle dodici ore, cucivano, incollavano (respiravano l'odore del collante...) in condizioni di luminosità non sempre ottimale. Forse la direttrice li aveva istruiti, fatto sta che sorridevano sempre. Sembravano sottomessi e lieti di esserlo, ma chi lo sa, è tutta un'altra cultura. La mia guida in Cina mi disse che la rabbia, il fatto di arrabbiarsi, è considerato deplorevole, mancanza di stile, di self control. Io gli ho risposto che c'è differenza tra un'incazzatura momentanea, il rancore portato per anni verso una persona, la suscettibilità del carattere o l'irascibilità intesa come vizio o disturbo della persona. Comunque lì sorridono sempre...

La fabbrica era invasa da ragni. Ce ne erano ovunque. Mica ragnetti eh, ma belli grossi, facevano ragnatele e nidi. Agli operai e alla direttrice pareva non importasse nulla di avere i ragni in fabbrica. Sono andata in bagno per fare la pipì, c'era la turca e dei ragni che ci passeggiavano sopra, mi sa che qualcuno l'ho schizzato di pipì e gli altri sono fuggiti quando hanno sentito il rumore dello sciacquone.

Di ritorno a Shanghai, c'erano diversi posti che volevo visitare, i giardini, una casa di farfalle, il tempio buddhista, il museo della scienza e della tecnica. Alla fine sono riuscita a visitare soltanto in tempio perché dovevo finire un lavoro... e poi la mia guida mi ha praticamente costretto a seguirlo in un centro commerciale enorme perché voleva comprarsi la Portable Playstation...

Siamo stati poi nel tempio buddhista, lui ha pregato (non che fosse molto devoto, diceva, di niente e di nessuno, ma non si sa mai e quindi ogni tanto va al tempio...) e io ho osservato le persone, i monaci, le statue e alla fine ho pregato qualcosa pure io, a modo mio ovviamente.

Alla sera, cena cinese (vero cibo cinese in un buon ristorante, non le porcherie che qui in Italia spacciano per cibo cinese).

Il resto dei giorni, lavoro e lavoro, shopping, un sacco di cibo, qualche passeggiata, un po' di discoteca e altri locali...

Quando sono tornata ero un po' rincoglionita per via del fuso orario e del cambiamento di clima, di stile di vita, di tutto, ma insomma, nessun problema, mi piace viaggiare, è stata una bellissima opportunità visitare questa città e dintorni, in Cina".

Le foto postate qui di seguito sono proprietà della persona che ha raccontato brevemente di questo suo viaggetto (!) in Cina e non possono essere usate e pubblicate altrove.


foto di francesca